Questo resoconto è stato scritto dopo che alcuni compagni e compagne di Trieste si sono recati al confine fra Slovenia e Austria per vedere in prima persona la situazione e capire come attivarsi. Va da sé che è la fotografia di un momento preciso in una situazione in continuo e rapido movimento e non un’analisi approfondita ed esaustiva del fenomeno. [NdR]
Šentilj è una piccola località della Slovenia nord orientale in quella che, fino al 21 dicembre 2007, quando la Slovenia è entrata in area Schengen, era zona di frontiera con l’Austria. Oggi non c’è più la dogana sulla superstrada che porta a Spielfeld, il primo centro abitato in territorio austriaco. I cittadini europei possono passare liberamente da una parte all’altra. Tuttavia, Šentilj è stato scelto come passaggio obbligato per i profughi diretti verso Austria. La statale è chiusa. Metri e metri di filo spinato costeggiano quella che una volta era la dogana. Militari e polizia controllano l’intera zona circostante.
Per proteggere la zona Schengen, il governo sloveno ha già iniziato a costruire una barriera di filo spinato al confine con la Croazia allo scopo di incanalare i migranti verso specifici punti di passaggio. Anche il lavoro dei volontari viene sempre più ostacolato e il contatto diretto con i migranti viene impedito quanto più possibile.
Dalla Croazia, i profughi entrano in Slovenia dal confine di Dobova e arrivano in treno a Šentilj. Da una stazione creata ad hoc, vengono poi scortati in un campo appositamente allestito, dove rimangono un giorno o due prima di poter accedere al territorio austriaco. Il passaggio verso il campo di Spielfeld sembra un percorso a ostacoli, un labirinto di transenne che i migranti devono superare. A causa dei controlli e delle schedature, il passaggio è molto lento e le persone rimango bloccate per ore e ore nella “terra di nessuno” tra Slovenia e Austria senza poter proseguire né far ritorno in Slovenia. Conseguentemente, non di rado i profughi sono costretti a passare la notte all’addiaccio in questo valico montano, senza cibo né acqua, sperando di trovare materiale per accendere un fuoco. Nessuno dei due Paesi si assume la responsabilità su questa terra di nessuno. Ufficialmente, l’accesso è interdetto anche al personale medico.
Entrare nei campi è sempre più difficile se non si è registrati in una delle associazioni di volontari ufficialmente riconosciute che affiancano Croce Rossa e Protezione civile nella gestione.
All’interno del campo di Šentilj una recinzione delimita la zona dove stazionano i migranti. I volontari non possono entrare nelle tende e i migranti non possono circolare liberamente se non accompagnati da militari o volontari.
Nonostante le difficoltà, sono molti i volontari e gli attivisti che affiancando le associazioni istituzionali e offrono assistenza ai migranti.
La macchina degli aiuti istituzionali si è mossa all’inizio con estrema lentezza, lasciando di fatto all’autorganizzazione solidale il compito di soddisfare le minime necessità di base. Con il trascorrere dei giorni e delle settimane, il processo di accentramento gestionale, burocratizzazione e militarizzazione dei campi, così come la rigida organizzazione dei convogli di transito, hanno creato una situazione sicuramente disumanizzante, benché dotata di una parziale efficienza. Nonostante sforzi in senso contrario compiuti da molti volontari, è innegabile che il modello di gestione assomigli notevolmente a quello che si adotterebbe per il trasporto bestiame.
In un primo momento, l’aiuto diretto ai profughi e la presenza attiva sui confini hanno visto anche la partecipazione del Fronte Antirazzista Sloveno (Protirasistična fronta brez meja), una realtà composita, attiva a Ljubljana e in altre località del paese, che vede in prima fila, tra gli altri, i compagni e le compagne della FAO (Federation for Anarchist Organising). Tuttavia, l’irrigidimento dei processi ha ridotto di molto i margini di manovra delle strutture autorganizzate e, attualmente, pur continuando anche la solidarietà concreta ogni qualvolta possibile, l’attività di questi gruppi si concentra prevalentemente sull’informazione e il monitoraggio di quanto avviene all’interno dei campi. A ciò, naturalmente, si aggiungono le presenze in piazza e l’attività di contrasto alle organizzazioni xenofobe a al razzismo diffuso.
Redts